lunedì 17 ottobre 2011

Dal blog "il Seplicissimus"

 Dal blog il simplicissimus, riporto l'articolo di Anna Lombroso che piu' di ogni altro centra il problema degli scontri alla Manifestazione di Roma del 15 ottobre. Ringrazio l'autrice dell'articolo, gli autori del blog Simplicissimus e invito tutti a seguire quel blog.
Alessandro Latella



Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ho conosciuto bene un autorevole collega che inviava approfonditi reportage da Cuba densi di dichiarazioni e confessioni dei locali, direttamente dalla scrivania di fianco alla mia.
Non voglio dire che, salvo il pezzo di Bianconi che come sempre è venato del dolente istinto a guardare, le interviste choc agli incappucciati siano inventate, per carità. Ma mi sembrano elaborazioni a alto contenuto letterario dei fantasmi e della retorica sulla guerriglia. E anche con quel tanto di timore ammirato per la professionalità la geometrica potenza di qualche cretino che ricorda il suegiù del passamontagna del professor negri.
Molto a malincuore torno sui fatti del 15 ottobre, chiamata in causa da chi per il mio pezzullo di ieri mi ha collocata tra i giustificazionismi e da chi al tempo stesso mi accusa di sottovalutare le trame dietro le quinte. E si assomigliano, quelli del dagli alle promesse del neo terrorismo da isolare e quelli del dagli agli incontrati dei servizi pagati dal potere, perché esaltano un aspetto della questione, quella che libera da responsabilità dirette o indirette.
Mi ripeto un po’ stancamente: io personalmente ritengo ci possa essere tutto.
C’è un movimento che ritiene di rappresentare un”popolo” ridotto a plebe da un regime personalistico, corrotto e corruttore, inadempiente e inadeguato, una macchietta ridicola ma non per questo meno pericolosa di un colpo di stato. Che ha impoverito il paese delle speranze, della conoscenza, dell’informazione e l’ha disamorato della partecipazione e della democrazia. Certo leggendo gli scarni documenti del movimento preferirei si ponesse più l’accento sui diritti e sull’equità che sul dovere di dargli e darci “benessere”. E la generalizzata condanna della politica come espressione unica delle caste e delle cricche dei partiti mi puzza del vecchio qualunquismo se non distingue il bisogno primario e insoddisfatto di autodeterminazione e partecipazione alle scelte con il rifiuto delle modalità care alla classe dirigente. Ma la disperazione, la collera, la paura sono forti e ci testimoniano.
Ci saranno dei giovani che hanno scelto l’avventurosa e avventurista strada della guerriglia, scomoda e destinata a non avere gran successo se vive una condizione di isolamento dalla società paragonabile all’esclusione operata dal regime. Rischiosi per sé e per noi, perché la deriva quasi inevitabile è quella estrema.
Ci saranno gli infiltrati e d’altra parte come mi è capitato di dire è un costume diffuso: agenti provocatori inviati dal “potere” sono dentro il servizio pubblico, il parlamento, i giornali e sono altrettanto poco occulti. E c’è un governo aduso ormai all’alimentazione delle crisi e delle emergenze perché rappresentano il più efficace acceleratore di repressione e restaurazione.
Ma fatto salvo che non so contare ma non sono la sola: i provocatori incappucciati sono di volta in volta 300, mille, tremila, cinquemila, io ho visto sderenare bancomat, tirare i sampietrini usciti indenni dalle antiche battaglie del sindaco, a ragazzi che non indossavano la divisa d’ordinanza dei black bloc e ho visto disarmati rappresentanti della società civile guardarli con impotente sorpresa perché, ricordiamocelo, erano i loro figli.
Mettendo da parte quel tanto di comprensibile ipocrisia, continuo a pensare che sia un peccato mortale assecondare Maroni, il TG5 ma anche il TG3 e tutti quelli che pensano che sia sufficiente isolare e non raccogliere la provocazione, escludere dal contesto civile gli “anarchico-insurrezionalisti”. Magari fosse così semplice: così che mamme radiose che hanno mandato i loro figli alle eleganti e costose scuole straniere in attesa di master e occupazioni esteri, così che Celli si sente a posto se invita il cervello di suo figlio a espatriare, così che babbi solerti in famiglia come nell’opposizione candidano i loro ragazzoni alla prossima tenzone elettorale, tutti si sentano a posto, emarginando i facinorosi o tirando via il casco agli infiltrati.
Ormai il disagio sta compiendo quel tragico rituale per il quale l’iniquità è l’unica abbondanza condivisa. E qui da noi assume forme più estreme e è comprensibile – comprensibile lo sottolineo vuol dire che va compreso non sottoscritto acriticamente. La manifestazione del 15 parlava poco di berlusconi della 54esima fiducia o della politica, perché era drammaticamente già alle spalle di una emergenza rovinosa, economica, sociale, morale. E la sfiducia non riguarda il governo ma e’ ormai inguaribile diffidenza nei confronti di un ceto dirigente ostaggio del mercato della finanza dell’ingiustizia pubblica, che da noi è ancora più oltraggiosa che altrove. E che prende la strada irrazionale ma non irragionevole dello sfregio ai loro simboli. Che sono anche i simboli nostri, di genitori frustrati che volevano dare ai loro figli quello che non avevano avuto e hanno invece contribuito a impoverire il loro futuro. Capisco che sia preferibile liberarsi dal rimorso individuale e collettivo per aver favorito o subito tutto questo. Ma è un crimine contro la verità e ai danni dei giovani, che così abbandoniamo alla tristezza irrazionale e buia dell’inimicizia e del conflitto.
È il momento di non stare più a guardare. Tutti dicono che la rete è una finestra sulla democrazia, ma è inutile se diventa solo quella dalla quale sbraitiamo il nostro malumore, a intermittenza con le canzonette. Tutti parlano di necessità di dialogare in nome del supremo interesse generale. Ieri ho avuto il sospetto che si dialoghi poco in casa, che si parli poco tra noi, che ogni colloquiare sia ormai intriso di crudo pregiudizio. A forza di essere contro e di praticare rifiuto abbiamo smesso di accogliere anche quelli che amiamo, di ascoltarli e di comprenderli. Così ci accorgiamo di loro solo quando la loro voce diventa un urlo.

domenica 16 ottobre 2011

51° voto di fiducia (pazzesco!): Berlusconi rigrazia i radicali per il numero legale e i soliti prezzolati



Dal blog nonleggerlo.blogspot.com riporto quanto segue:

Il Presidente del Consiglio Berlusconi giustifica così ai suoi Ministri la nomina a Viceministro dell'Onorevole Catia Polidori, già berlusconiana di ferro, poi entusiasta finiana, poi di nuovo fedelissima Pdl:

«Montezemolo ha provato a convincere Catia Polidori a mollarci. Per questo sono stato costretto a nominarla Viceministro ... Capisco la vostra rabbia, e quella dei deputati Pdl, ma se vogliamo salvare il governo dobbiamo fare così».


A voi l'ardua sentenza!

sabato 15 ottobre 2011

Indignati 2




Quelli che vedete nella foto sono i “mandanti” delle violenze accadute il 15 ottobre alla manifestazione di Roma degli Indignati. Sono loro quelli che hanno fatto in modo che l’incazzatura crescesse nel paese, sono loro quelli che hanno aizzato la rabbia delle persone, che hanno scippato i giovani del loro futuro. Sono questi nani della politica, questi maneggioni che hanno fatto scempio delle istituzioni pensando solo al proprio interesse e a quello del loro capo che hanno fatto sì che nel paese la disperazione diventi rabbia e violenza.
Sono gli stessi che propongono manovre economiche che colpiscono chi già non ce la fa piu’, o che promuovono condoni su condoni legittimando l’operare degli evasori, o che difendono l’operato del loro capo anche quando è indifendibile come nel caso Ruby e del via vai di prostitute d’alto bordo che sciama da palazzo Grazioli.
Sono gli stessi che ora additano i violenti come figli della sinistra, come cocchi di una certa parte politica (che ovviamente non è la loro!), sono quelli che preferiscono parlare della vetrina rotta anzicchè del fatto che piu’ di centomila persone era in piazza per urlare il proprio disagio, per gridare che così non si puo’ andare avanti.
Assieme a loro ci sono quegli altri, quelli seduti sugli scranni di palazzo Montecitorio e di palazzo Madama che prendono di media uno stipendio di quindicimila euro, che non pagano treni e aerei, che vanno gratis al teatro e al cinema, che non pagano se vanno al ristorante e che sono pronti a vendere al miglior offerente il proprio voto in cambio di regalie o della promessa di un altro mandato parlamentare. Sono quelli che hanno votato cinquantatre fiducie a questo governo e continueranno a farlo se verrà loro dato cio’ che di volta in volta contrattano in cambio del loro voto.

Sono questi i veri violenti, sono loro che hanno acceso la miccia, gli incappucciati di roma hanno solo lanciato la bomba accesa da altri.

Chi semina vento non si lamenti se poi si scatena la tempesta!

Indignati!

Ci risiamo! La manifestazione di Roma degli indignati si è appena conclusa e come al solito assistiamo alla solita scena patetica da parte dei mass media, dei politici di destra e di sinistra e dei vari commentatori e mezzi busti. Prevedibile era la grossa partecipazione, prevedibili erano gli incidenti contro banche e prevedibili i commenti conseguenti. Se uno dovesse aprire la televisione o leggere i giornali dopo essere stato un anno da solo sul pianeta marte, penserebbe che centomila persone sono scese in piazza per protestare e che circa duemila pazzi che partecipavano al corteo hanno scatenato il putiferio. Si avete letto bene, leggendo i giornali o guardando le tv questi cosiddetti “facinorosi” sembrano dei pazzi violenti che si auto gratificano a sfasciare tutto. E’ ovvio che non sia così. Sarebbe bastato chiedere a chiunque partecipasse alla manifestazione perché era lì: molti avrebbero risposto che erano esasperati da questa continua precarietà, che erano incazzati di dover lottare ogni giorno per riuscire ad avere un tetto o mettere il pranzo con la cena. In tanti avrebbero risposto che non ne potevano piu’ di subire ogni giorno violenza continua da questo sistema che li usa, li sfrutta e poi li butta via come se non fossero esseri umani, un sistema che non gli da un futuro, un lavoro e che gli toglie persino la speranza di poter costruire un domani una famiglia o avere semplicemente un po’ di stabilità. Se i vari pennivendoli avessero chiesto e registrato queste risposte, allora si sarebbero dovuti domandare chi sono i veri violenti: chi sfascia la vetrina di una banca o chi licenzia migliaia di operai? Chi da fuoco ad una mercedes o chi assume vita natural durante solo in forma precaria? Chi sfascia le vetrine di un mac donald o chi non usa la minima accortezza per la sicurezza sul lavoro degli operai che assume? Chi imbratta i muri con la scritte o chi come questo governo propone manovre economiche che tassano i poveri e facilitano i ricchi e gli evasori?
Badate, e sia chiaro per tutti, non sto giustificando le violenze che ci sono state, sto dicendo che queste sono il frutto delle violenze quotidiane perpetrate da altri che, in giacca e cravatta, hanno creato o favorito questa crisi di cui non risentono neanche un po’.
Non sto dicendo che sia stato giusto sfasciare vetrine e appiccare fuoco ad auto. Personalmente ritengo che cio’ sia stato sbagliato ma non per una questione morale o perché fautore di un certo buonismo sinistrese alla Vendola o alla Bersani, ma semplicemente perché ora si parlerà delle vetrine sfasciate, delle auto bruciate e delle banche vandalizzate facendo passare in secondo piano le motivazioni della protesta.
Io capisco l’incazzatura di questi ragazzi che vedendosi togliere tutto, anche la speranza, vogliano dare sfogo alla propria rabbia ma farlo così, in modo cieco si da solo il fianco all’avversario. La politica è una cosa seria e non è certamente dando fuoco ad un cassonetto o sfasciando una vetrina che si mutano i rapporti di forza. Domani quella vetrina sarà riparata e quella banca, in pochi giorni, tornerà ad essere una filiale operativa.
Non mi si dica che “distruggendo quella vetrina e sfasciando quella macchina si è compiuta un’azione simbolica per indicare alle masse il nemico” perché le “masse”, o quella parte di persone che manifestano o che idealmente appoggiano la manifestazione, vi risponderanno “Grazie, lo sapevamo già!”. E quelle persone che non manifestano o non sono d’accordo, certamente non è vedendo questo spettacolo che verranno fulminate sulla via di Damasco divenendo tutte dei neo Che Guevara.


martedì 4 ottobre 2011

Avaaz: firmiamo tutti!

Dalla pagina di Avaaz riporto volentieri invitandovi a firmare la loro petizione perchè venga rivisto il fondo salva stati.

Incredibile, lo stanno facendo di nuovo: i nostri governi stanno riempiendo con i soldi nostri le tasche delle banche!

Dobbiamo dare il via libera al fondo salva-stati il prima possibile per salvare la Grecia e l'Europa. Tuttavia l'attuale fondo salva-stati fa sì che siamo noi contribuenti a rimborsare le banche del 90% dei loro investimenti forsennati. I greci non vedranno nemmeno un euro di tutti i soldi che stiamo per destinare ai ricchi banchieri. Peggio ancora: il 30% dei nostri soldi andrà agli speculatori, che faranno profitti enormi dalla speculazione sul fondo salva-stati!

Come può essere che i nostri governi abbiano siglato il fondo salva-stati, che ricopre d'oro banche e speculatori e lascia la Grecia in mutande? La risposta è semplice: i governi hanno chiesto anche ai banchieri di firmare il patto. I nostri ministri delle finanze stanno decidendo ora del piano: lanciamo un appello enorme a loro e ai nostri parlamenti per tornare al tavolo delle trattative per salvare la Grecia e non le banche.


Spargi la voce e firma la petizione andando al seguente link


avaaz

(riporto per sicurezza l'indirizzo internet caso mai il link non funzionazze. In tal caso basta ricopiarlo e incollarlo sulla barra degli indirizzi del vostro browser. Se anche così doveste riscontrare un errore, andate su un motore di ricerca e digitate la parola Avaaz e troverete la home page del sito in questione)
http://www.avaaz.org/it/index.php

ERA ORA!!!!





Finalmente qualcuno di autorevole ha avuto il coraggio di dire cio’ che andava detto ben venti anni fa.

IL POPOLO PADANO NON ESISTE! E’ UNA PURA INVENZIONE DI UNA MANICA DI CIALTRONI!

Si, avete letto bene! Ho scritto cialtroni e lo ripeto! Un gruppo di politicanti che, giocando sul deleterio senso comune, sugli stereotipi, sull’ignoranza, sui pregiudizi e sulla meschinità si è inventato un qualcosa che storicamente non è mai esistito. Questo solo per cercare un consenso elettorale e occupare posti che prima venivano mercanteggiati tra i partiti della cosioddetta prima repubblica.

Grezzi nell’esposizine delle proprie idee, ignoranti delle piu’ elemantari basi culturali, grevi nel rapportarsi agli altri, rozzi nelle proposte politiche, ridicoli fino all’inverosimile nell’inventarsi feste e ricorrenze. Questi sono gli uomini dell’ entourage della Lega Nord. Il loro capo riassume in sè tutti i connotati del suo movimento. Incapace di argomentare in italiano corretto, inadatto a anche solo a tentare di dar corpo a una proposta politica che non sia meramente spartitoria o di basso cabotaggio. Persino le leggi da loro proposte vengono riconosciute dai loro artefici come delle porcate (si veda la legge elettorale di Calderoli). Incapaci di volare alto e presentare proposte concrete si inventano sciocchezze come i referendum sulla secessione, referendum non proponibile perchè anticostituzionale, come ha ben spiegato Stefano Rodotà.

Diciamocela tutta! La lega nord ha preso il posto di quella che una volta era la vecchia Democrazia Cristiana, mantenendo tutti i difetti di questa e aggiungendone di propri e senza però avvalersi di un tentativo di ideologia che fornisse un modello di società come alcuni pensatori cattolici avevano tentato di fare. Neanche del federalismo di cui tanto si riempiono la bocca sanno qualcosa. Parlano di Cattaneo e Altieri Spinelli come se fossero pensatori contemporanei e decontestualizzando le loro proposte dal momento storico: come se il mondo non fosse cambiato completamente da centocinquanta anni a questa parte. Sono talmente ignoranti che le attuali crisi economiche non riescono a far capire loro che la globalizzazione, l’intreccio delle economie scatena effetti domino da cui non ci si salva proclamandosi statarello autonomo. Questa gente oggi occupa ministeri della repubblica. Questa gente è incapace di gestire la crisi epocale in atto.

QUESTA GENTE DEVE ANDARE VIA E CEDERE IL TIMONE AD ALTRI PRIMA CHE TUTTI NOI SI FINISCA NEL BARATRO!

SULL' ORLO DEL BARATRO

In nostro paese è giustamente in fibrillazione. Siamo stati appena declassati da una delle piu’ importanti agenzie di rating, il che comporta un’ondata speculativa sui titoli di stato italiani e un maggior costo del debito pubblico in termini di interessi per il cittadino italiano. Personalmente diffido delle società di rating così come delle istituzioni economiche, siano esse nazionali che internazionali. Nessuna istituzione è neutrale ma si prestano tutte a difendere determinati interessi. A tale regola non sfuggono le società di rating. La stessa Standard & Poor’s che ci ha appena declassati, ha espresso giudizi rivelatisi delle cantonate mostruose in tempi non lontani: aveva consigliato agli investitori i titoli Parmalat proprio una settimana prima del crack, aveva espresso un giudizio positivo sui mutui americani che sono stati responsabili del recente crollo delle banche negli States, aveva dato un’ottimo giudizio sulla banca Lehman Brothers rivelatasi l’esatto contrario.

Questo, però, non significa che nel merito del giudizio dato sul nostro paese, questa Società di rating abbia torto. Anzi. La manovra economica varata dal governo si rivela ancora una volta non solo un tirare a campare ma denota una netta scelta di campo che è quella di difendere i redditi alti a scapito dei medio bassi e bassi e del mondo del lavoro. Non è uno slogan questo ma una presa d’atto che nasce dall’esame della manovra stessa. Un’esempio per tutti è l’ aver optato per l’aumento dell’ IVA dal 20% al 21%, puo’ sembrare una sciocchezza ma per chi ha un reddito medio basso, significa un maggior dispendio per l’acquisto di beni e se già faticava prima ad arrivare a fine mese, si immagini adesso.

In altre parole, si è deciso di non agire con una tassazione in base al reddito che avrebbe colpito i redditi alti, ad esempio con una patrimoniale. Gli effetti di questa manovra saranno un aumento dell’inflazione e una maggiore contrazione dei consumi con l’aggravante che cio’ avviene in una situazione già di grave crisi economica che tenderà ad aggravarsi ancora di piu’.

Bene lo ha spiegato il Presidente Napolitano che ha dichiarato che cio' che conta è il rapporto debito pubblico e Pil, cio' fa si che anche se il debito pubblico non cresce ma il Pil non aumenta anzi decresce, diventa arduo ridurre tale rapporto.

Molti hanno dichiarato in fase di discussione della manovra varata dal governo, che una patrimoniale non risolve il problema ma ci vogliono riforme strutturali. Il problema è che dietro la frase “riforme strutturali” si indica sempre che da colpire sono il welfare, le pensioni e il mondo del lavoro. Mai si colpiscono gli sprechi riducendo i mega stipendi degli amministratori di società a partecipazione pubblica, impedendo anche la presenza in piu’ consigli oppure lo stipendio dei parlamentari e il costo dei palazzi della politica o ancora il finanziamento pubblico dei giornali.
E ancora: si potrebbe pensare di far pagare le bande del digitale terrestre alle varie televisioni, proprio come avviene per la telefonia, anzicchè regalarle alle tv in questione come prevede attualmente la legge.
Sono piccole cose quelle da me indicate, il problema è che “queste piccole cose” sono immumerevoli e iniziare proprio dal ridurre fino ad eliminare gli sprechi, sarebbe un buon inizio poi si potrebbe iniziare a incentivare le imprese imponendo facilitazioni fiscali a quelle che si certificano per fornire prodotti e servizi di qualità garantita, che investono nel rinnovo tecnologico, che assumono con contratto a tempo indeterminato coloro che hanno lavorato per tali aziende come precari per tre anni. E ancora si potrebbero razionalizzare gli investimenti evitando quelli inutili come il ponte sullo stretto e privilegiare quelle strutture che facilitino il trasporto dei beni prodotti dalle imprese.

La patrimoniale, che personalmente sostengo e difendo, servirebbe per iniziare a dare una riduzione consistente del debito pubblico e per allentare la morsa alla gola che in questo momento attanaglia l’economia del paese.

Invece la rotta decisa è altra e nella devastazione cui assistiamo si aggiunge al danno anche la beffa. In realtà dovrei dire beffe visto che si fa a gara a chi le spara piu’ grosse. Il primo è sicuramente il Ministro per le riforme Bossi che, non sapendo come far continuare ad ingoiare alla propria base la il rapporto con Berlusconi, torna a delirare di secessione della Padania millantando persino una via democratica tramite referendum. Se questo fosse stato detto tra una birra e l’altra seduti al bar se ne potrebbe ridere e collocarlo tra le note di colore non spendendoci piu’ di cinque minuti per poi passare a discutere di altro. Il problema è che tale stupidaggine oltre ad essere grave in sè in quanto espressa da un ministro della repubblica italiana, è stata proposta durante una manifestazione politica che, per quanto folcloristica, rimane sempre una manifestazione politica.

Se fossimo in un paese serio, un ministro della repubblica che parla di secessione verrebbe subito costretto a dimettersi se non inquisito per attentato alla repubblica stessa. Quella delle dimissioni sarebbe poi una strada obbligata se a maggior ragione il ministro parla di secessione per via referendaria quando cio’ non è possibile, come ha ben spiegato il presidente Rodotà, eminente costituzionalista. Un ministro della repubblica, specie se è il ministro delle riforme costituzionali, questo dovrebbe saperlo, se non lo sa allora non è adatto a fare il ministro se invece lo sa e racconta una balla dovrebbe andare a casa perchè mente, oltre ad affermare cose eversive.

Qui potete leggere le dichiarazioni di Rodotà

“L’invocazione di secessione fatta da un ministro della Repubblica che si occupa di riforme istituzionali è un atteggiamento eversivo”. Non ha dubbi il giurista Stefano Rodotà nel commentare le parole di Umberto Bossi che domenica a Venezia, concludendo la Festa dei popoli padani, ha ritirato fuori la carta della secessione, arrivando a lanciare un referendum per realizzare la Padania.

Spiega Rodotà: “La Costituzione, all’articolo 5, dice esplicitamente che l’Italia è una Repubblica una e indivisibile. E dunque, parlando di secessione si va assolutamente contro una norma costituzionale”.


Professore, è possibile pensare a un referendum per realizzare la secessione “in modo democratico” come ha provato a dire Bossi?

Si tratta di un’idea improponibile in ogni forma perché i referendum sono specificamente indicati dalla Costituzione per situazioni diverse da queste. Non si può neanche seguire la strada della revisione costituzionale. Sia nell’articolo 5 che nel 139 si dice che la forma Repubblica non può essere oggetto di revisione costituzionale: la forma data allo Stato non può essere toccata. Nel nostro sistema non c’è nessuno strumento legale per la secessione, perciò si tratta di una proclamazione eversiva.

Allora, cosa ne pensa di un ministro dell’Interno che, come ha fatto Bobo Maroni domenica, non solo non denuncia questo tipo di richieste, ma anzi sale sullo stesso palco di Bossi?

Un ministro dell’Interno, o di qualsiasi altra materia, non può né appoggiare, né far passare sotto silenzio ciò che ha detto Bossi. Vorrei sottolineare in questa prospettiva che alle parole del Senatùr non ci sono state reazioni politico-istituzionali adeguate.

Da cosa dipende secondo lei?

Da molto tempo è invalsa l’abitudine di considerare le uscite dei leghisti (e non solo) come folklore, come manifestazioni non rilevanti. Più volte Berlusconi ha raccontato che Bossi, dopo aver parlato in pubblico, va da lui e “chiarisce” in privato qual è la sua vera posizione. Il degrado istituzionale è favorito da questa sottovalutazione. Se mai domani qualcuno reagirà, i cittadini diranno: “Ecco, di nuovo la casta ci vuole negare il diritto di decidere il nostro destino come il nostro capo Bossi vorrebbe”. Insomma, sono le reazioni degli altri quelle che mi preoccupano mentre Bossi in difficoltà tenta di tornare alle origini con un atto eversivo.
Napolitano dovrebbe intervenire? E come?

Il capo dello Stato – che in altre occasioni è intervenuto in maniera molto netta – deve pronunciare parole adeguate alla gravità delle cose che Bossi ha detto a Venezia. Ho letto che Eugenio Scalfari su Repubblica ha suggerito a Napolitano di mandare un messaggio alle Camere: non per vantare primogeniture, ma qualche tempo fa avevo sottolineato lo stesso punto. Il degrado progressivo rende necessario che il presidente possa fare un messaggio al Parlamento e restituire alla legge costituzionale il posto che le spetta.

(Wanda Marra, Il Fatto, 20-09-2011)
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